DONNE DELL’ANTICHITA’: CORINNA DI TANAGRA



La letteratura greca offre spazio alle donne, sebbene esse siano un numero assai ridotto.
Oltre alla celebre Saffo, vi furono altri nomi che ebbero, all’epoca, grande influenza tra i loro contemporanei.
Uno di questi è la poetessa Corinna di Tanagra, della quale non sappiamo molto. 
Secondo la Suda, era figlia di Acheloodoro e di Procraria, ed apparteneva alle famiglie nobili di Tanagra, in Beozia. Corinna fu allieva della poetessa Mirtide e sconfisse cinque volte Pindaro negli agoni poetici,.
Compose cinque libri ed una serie indefinita di epigrammi e nomoi (composizioni che dovevano essere recitate insieme all’accompagnamento di uno strumento musicale). Per molto tempo, erano noti solo tre frammenti poi, nel secolo scorso, le scoperte di due papiri, contenenti una porzione estesa di alcune sue opere, hanno permesso di avere maggiori indicazioni sul suo stile letterario e sui temi trattati.

Caratteristiche della poesia di Corinna di Tanagra
 
La sua poesia parla essenzialmente di miti ed episodi legati alla tradizione della Beozia, sua terra d’origine, al punto che molti hanno pensato di dare alla sua letteratura un tratto quasi “locale”. Si tratta di una definizione riduttiva. Al pari dei suoi colleghi, Corinna ha narrato la sua realtà, di certo dai confini meno estesi. Sono opere molto narrative, incentrate sul ciclo tebano e sui miti della Beozia. Il pubblico al quale erano destinate era essenzialmente quello della propria terra che conosceva perfettamente le vicende mitiche della propria regione.
Il linguaggio era conciso ed estremamente chiaro, con un uso molto ridotto di figure retoriche che le fece guadagnare critiche e lodi per il suo modo sobrio di esprimersi. Il dialetto beotico, tuttavia, era estremamente complesso e compensava questa schiettezza espressiva e questa predilezione per la paratassi. 

La fortuna
 
A partire dal II secolo, l’opera di Corinna venne valorizzata e celebrata, al punto da entrare a far parte del canone dei poeti lirici. In età romana, molti poeti, come Properzio e Stazio chiamarono così le destinatarie fittizie delle loro composizioni e questa scelta permise la sopravvivenza del suo nome nei secoli, anche quando la sua opera andò sostanzialmente perduta.
Riporto, grazie al sito nonsolosaffo.wordpress.com, alcune traduzioni dei frammenti di questa poetessa, provenienti dal Papiro Berolinensis 284:

Frammento 1 (La gara poetica fra Citerone ed Elicone):

…di nascosto dall’astuto Crono, quando la beata Rea lo trafugò; e acquistò grande onore tra gli immortali. Queste cose cantò. E subito le Muse ordinarono agli dei di portare nascostamente il voto nelle urne dorate: ed essi tutti insieme sorsero. Più ne ebbe Citerone. Subito Ermes, alto gridando, proclamò che aveva acquistato vittoria amabile e gli dei lo adornavano a festa con corone; egli godeva nel cuore. ma elicone, preso da gravi angoscie, afferrò una nuda roccia: il lato della montagna cedette e gridando orrendamente lo precipitò tra la folla innumerevole… (traduzione U. Lisi)


Fonti di riferimento:
Luigi Enrico Rossi, Letteratura Greca, Le Monnier.

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