RECENSIONE: LE RANE DI ARISTOFANE CON FICARRA E PICONE

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Ficarra e Picone in una delle scene della commedia


Una premessa doverosissima: non sono una fan di Ficarra e Picone. 
Malgrado questa postilla, non mi sento di affatto di condannare la regia della commedia delle Rane di Aristofane...ma forse è meglio fare un passetto indietro.
Per ragioni inspiegabili, la commedia non è stata preceduta da alcuno speciale sul dramma. Per amore della verità, allora, ho deciso di postare questo brevissimo riassunto targato Wikipedia:

Dioniso, dio del teatro, decide di raggiungere l'Ade per riportare in vita Euripide. Tanto Sofocle quanto Euripide, infatti, sono ormai morti (entrambi erano deceduti nel 406 a.C., pochi mesi prima che la commedia di Aristofane fosse rappresentata), e i tragediografi più giovani non hanno la stessa creatività e lo stesso genio. Di conseguenza, riportare Euripide in vita è l'unico modo per salvare la tragedia dal declino.
All'inizio della commedia, Dioniso e il suo servo Xantia chiedono ad Eracle quale sia la strada più rapida per giungere all'Ade; quest'ultimo, dopo qualche presa in giro, risponde che è necessario attraversare una palude, l'Acheronte. Quando i due giungono laggiù, il traghettatore Caronte fa salire Dioniso sulla sua barca per portarlo sull'altra riva, mentre Xantia è costretto a girare intorno alla palude a piedi. Durante la traversata, Dioniso e Caronte incontrano le rane (Caronte le chiama rane-cigni), col loro gracidare: brekekekex koax koax. Esse intonano un canto in onore di Dioniso, ma senza accorgersi che il dio è proprio lì con loro. Dioniso è presto infastidito dal loro canto e protesta, ma le rane continuano, non riconoscendolo nemmeno. Tuttavia, quando il dio imita il loro verso, esse si zittiscono.
Alla fine Dioniso e Xantia si rivedono alle soglie dell'Ade, dove incontrano un gruppo di anime, gli iniziati ai culti misterici, che cantano in onore di Iacco. Poco dopo i due incontrano Eaco, che scambia Dioniso per Eracle (il primo infatti si era vestito a imitazione del secondo) e comincia a insultarlo e minacciarlo. Eaco era infatti furioso nei confronti di Eracle, che aveva rubato il suo cane Cerbero. Spaventato, il dio scambia i suoi abiti con Xantia, che è meno impaurito del suo padrone. I due vengono entrambi frustati, ma alla fine l'equivoco è chiarito.
Euripide viene finalmente trovato, mentre è nel mezzo di un litigio con Eschilo a proposito di chi meriti di sedere sul trono di miglior tragediografo di tutti i tempi: ognuno dei due si ritiene il migliore. Comincia allora una gara, con Dioniso come giudice: i due autori citano a turno versi delle loro tragedie, e tentano di sminuire quelli del contendente. Alla fine viene portata in scena una bilancia e ognuno dei due autori viene invitato a recitare alcuni suoi versi; la citazione che "pesa" di più (ed è dunque migliore) farà pendere la bilancia in favore del proprio autore. Eschilo esce vincitore da questa gara, ma a quel punto Dioniso, che inizialmente intendeva riportare in vita Euripide, non sa più a chi sia meglio concedere questo onore. Decide che sceglierà l'autore che darà il miglior consiglio su come salvare Atene dal declino. Euripide dà una risposta generica e poco comprensibile ("Se adesso va tutto male, forse facendo tutto il contrario ce la caveremo"),[2] mentre Eschilo dà un consiglio più pratico ("Le navi sono le vere risorse").[3][4] Infine Dioniso decide di riportare in vita Eschilo, che, prima di andare, affida a Plutone il compito di riservare il trono di miglior tragediografo a Sofocle, raccomandandogli di non lasciarlo mai ad Euripide.

Fatta questa doverosissima premessa, passiamo al commento dello spettacolo, messo in scena nel teatro greco di Siracusa.
La regia alterna momenti di recitazione dei personaggi alle parti cantate del coro, la cui musica è ovviamente frutto di un arrangiamento moderno, non essendoci giunti le fonti sulla melodia dell'epoca. 
Ficarra e Picone danno un tocco picaresco ai protagonisti e sorprendono per la bravura con la quale hanno saputo rendere vivi i personaggi. 
Ero un po' scettica inizialmente ma, a parte dei tagli alle battute, dovute alla regia televisiva, non ho riscontrato grossi difetti. Malgrado l'impressione generale mi porti a vedere le battute e tutta la costruzione della commedia come un qualcosa cucito addosso ai due comici, il risultato finale è fedele al dramma originale e questo sorprende. Non avrei scommesso un centesimo su Ficarra e Picone...e invece mi hanno smentito. Piacevolmente. 
E' la prima commedia a cui ho assistito e non è stata niente male per la sperimentazione, per la vivace interpretazione e per lo scopo di rendere attuale un dramma comico del 405 a.C.
Il cast, in generale, ha fatto il suo sporco lavoro, così come la scenografia, alla quale va un plauso di tutto rispetto. Ogni costume calzava a pennello, così come le caratterizzazioni, fedelissime a quanto ha lasciato Aristofane il quale, del resto, non era un estimatore del moderno Euripide (Rappresentato quasi come una sorta di Gene Wilder. Una vera chicca).

Le uniche note dolenti sono state queste:

·        La mancanza di una programmazione di contorno da parte della Rai
     A differenza delle opere liriche, la rete non ha minimamente accompagnato il programma da approfondimenti e focus che fungessero da prequel dello spettacolo, cosa che riduce considerevolmente le possibilità di comprensione della commedia e dei vari passaggi. Aspetti del mito, parodiati da Aristofane, risultano ignoti alla maggior parte del pubblico. Tutto questo poteva essere ovviato da uno speciale ad hoc sul caso.

·        L'inserimento, sul finale del video di Pasolini. 
     A causa dell'incomprensibilità generale di molti passaggi della commedia, il video è decisamente poco chiaro. Non si sentono bene i dialoghi e, soprattutto, non se ne capisce il significato nella resa complessiva dell'opera.


Sulla base di questi dati, il risultato finale è riuscito solo parzialmente. 
Il merito di questa resa  non va alla bravura degli attori ma alla gestione superficiale di uno spettacolo che avrebbe dovuto essere meglio confezionato da parte delle reti televisive nazionali le quali hanno trattato con sufficienza l'importanza di saper vendere bene un prodotto televisivo. 
Questa vergognosa assenza va a scapito del dramma comico che doveva essere valorizzato con programmi ed iniziative di maggior respiro. 
Un vero peccato, perché lo spettacolo meritava. 

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